RITORNO A CASA

di Michela


Parte 1

Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin…driiiiiiiiiiiiiiiiin…driiiiiiiiiiiiiin…
Maledizione a quella dannata sveglia!
Mi volto dall’altra parte del letto, sperando inutilmente che si stanchi di squillare…
Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin…driiiiiiiiiiiiiiiiin…driiiiiiiiiiiiiin…
Niente da fare… devo proprio alzarmi…
Apro gli occhi e getto un’occhiata veloce all’oggetto del mio malumore… le 3.16… ma come…è notte fonda…
Cerco di riprendermi dal sonno e mi accorgo che non è stata la sveglia a farmi sobbalzare, bensì il mio telefono cellulare dimenticato sul comodino accanto a me la sera prima…
“Ma perché cavolo non ti decidi a cambiare quella suoneria Françoise? Insomma, siamo nel ventesimo secolo e tu ti ostini a tenere quel trillo ridicolo…” le parole di Catherine tornano alla mia mente ogni volta che il telefono squilla, strappandomi un sorriso divertito…cara Cathy… dopo tanti anni è ancora la mia migliore amica…
Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin…driiiiiiiiiiiiiiiiin…driiiiiiiiiiiiiin…
“Sì… sì… ho capito!” afferro il cellulare, tentando di comprendere chi possa cercarmi  a quest’ora di notte... sullo schermo compare un numero che non conosco… sono tentata di non rispondere… “Ma no… potrebbe essere il lavoro… Pronto?”
“Françoise?”… una voce familiare mi parla dall’altro capo del filo… o forse sarebbe  più opportuno dire del mondo…
“Professor Gilmoure?”
“Sì, cara, sono io…”
Prima che riesca a dare in escandescenze, lui continua a parlare: “… so benissimo qual è la differenza di fuso orario tra Tokyo e Parigi e ti chiedo scusa, ma ho assolutamente urgenza di parlarti, altrimenti non avrei chiamato…”
Le parole di protesta mi muoiono in gola… quello che dice in fondo è vero, non mi avrebbe cercata se non fosse stato di vitale importanza… così, invece di arrabbiarmi, rispondo con calma: “Mi dica Professore, l’ascolto…”
Lui trae un respiro profondo: “Non per telefono, al giorno d’oggi anche quelli hanno le orecchie… ho bisogno che tu prenda il primo aereo e venga qua…”
“Coooosa? Ma… ma… io non posso… come faccio… io non posso lasciare casa, il mio lavoro da un momento all’altro… io ho una vita qui ora e, come lei ben sa, è stato molto difficile per me ricominciare dopo…”
Non riesco a terminare la frase… mi interrompe immediatamente: “Lo capisco perfettamente, ma tu sei il miglior medico legale che conosca ed ho bisogno del tuo aiuto… te lo chiedo per favore mia cara…”
“Ma che cosa sta succedendo?”
“Ti ripeto, non posso spiegarti ora… abbi fiducia in me… come una volta ricordi?”
Rimango un momento in silenzio, senza sapere bene cosa fare, come reagire alla sua richiesta… non posso tornare a Tokyo… non posso… ormai appartiene al mio passato… ad una donna che non esiste più…
“Françoise? Sei ancora lì?”
La voce del Dottor Gilmoure mi scuote dai miei tristi pensieri… alla fine rispondo sospirando: “E va bene Professore… verrò… mi dia solo il tempo di sistemare alcune cose al lavoro… prenderò il primo aereo del pomeriggio di domani…”
Dall’altra parte, una voce accorata mi risponde: “Grazie, mia cara… grazie di cuore… fammi sapere l’orario di arrivo all’aeroporto, verrò a prenderti personalmente.”
“Stia tranquillo…”
“Grazie ancora e… buonanotte…”
“Arrivederci a presto, Professore” il clic metallico del telefono pone fine a quella conversazione…
Poggio distrattamente il cellulare sul comodino… chissà che cosa potrà mai essere accaduto di così grave… mi sforzo di pensare all’eventuale problema, ma inevitabilmente la mia memoria mi riporta ad altri eventi della mia vita… ad un uomo, alla sua voce… a qualcosa che non dovrei neanche più ricordare dopo anni di sofferenze… fuori inizia a piovere… che strano… anche il cielo sembra partecipare alla mia tristezza…
“No… non verserò mai più una lacrima per te…” parlo ad alta voce, tentando di esorcizzare un fantasma che qualche volta torna a tormentarmi. Mi lascio andare di nuovo al sonno… domani sarà una lunga giornata…
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Nello studio del Professor Gilmoure calò il silenzio dopo la fine di quella telefonata… il vecchio scienziato rimase assorto nelle sue riflessioni, seduto alla sua scrivania… le mani giunte… lo sguardo fisso sull’apparecchio telefonico, finché l’uomo che aveva davanti iniziò a parlare…
“Dunque… ha deciso di venire…”
“A quanto sembra…”
Per tutto il tempo di quel colloquio, il Dottor Gilmoure aveva tenuto il vivavoce in funzione, dunque l’altro aveva potuto ascoltare ogni singola parola… quando aveva risposto, con la voce tremula di chi si è appena svegliato, il suo cuore aveva perso un battito… non l’aveva dimenticata… non avrebbe mai potuto dimenticarla…
Si lasciò sfuggire un sorrisetto ironico: “Stavolta non sarà felice di rivedermi…”
“E’ passato tanto tempo… adesso siete due persone adulte…”
“Professore, guardiamo in faccia la realtà… l’ha sentita no?... Lei mi odia…”
Il buon dottore lo osservò… com’era cambiato… non fisicamente certo, i cyborg non invecchiano come le persone normali… bensì psicologicamente… la vita era stata molto dura con lui… aveva sempre avuto difficoltà ad esprimere i suoi sentimenti, ed aveva perso l’unica donna che era stata in grado di farli uscire allo scoperto… ma in fondo era stata sua la colpa… allora aveva deciso per entrambi e lei se ne andò…
“Forse sì, Joe…” ammise debolmente…
Lui si alzò dalla sua postazione… “Non è stata una buona idea riportarla indietro…”
“Sai perfettamente che abbiamo bisogno del suo aiuto per risolvere questo caso… sai è diventata molto brava nel suo lavoro… la migliore forse…”
“Già…” sapeva benissimo che cosa faceva… nonostante tutto continuava a farsi del male cercando di avere sue notizie, quasi una punizione per espiare i suoi errori…
Il Professor Gilmoure si avvicinò a lui, posando una mano paterna sulla sua spalla: “Vai a riposare adesso… domani affronterai la situazione…”
Lui guardò un istante lo scienziato, erano d’accordo che non sarebbero andati insieme all’aeroporto… chissà come poteva reagire alla sua vista… una questione comunque rimandata di poche ore… “Va bene… buonanotte, Professore…”
“Anche a te, ragazzo…” lo osservò dirigersi lentamente nella sua stanza… per lui le notti non erano più buone da anni ormai…

 

Parte 2

“Le posso portare qualcosa signorina?” la voce gentile della hostess mi scuote improvvisamente…
“Oh… sì, la ringrazio… un espresso senza zucchero.”
“Subito…” si allontana sorridendo cordialmente…
Avevo promesso a me stessa di bere meno caffè, ma ho un terribile cerchio alla testa e solo la caffeina riesce a farlo smettere di pulsare nelle mie tempie…
Ho perso il conto delle ore di volo, ormai non dovrebbe mancare molto all’atterraggio… ho già avvisato il Professor Gilmoure che l’aereo arriverà in orario e lui stava per uscire di casa… la vecchia base… quella che è stata la mia dimora, il mio rifugio, per cinque splendidi anni… poi tutto è crollato…
Basta… non voglio pensare, non voglio… e invece eccoli di nuovo… quei ricordi insieme infelici e meravigliosi…
A volte mi soffermo a chiedermi che cos’è stata la mia esistenza finora… cronologicamente ho ventinove anni, ma i cyborg non avanzano nell’età dal punto di vista fisico e questo ha reso più difficile farmi strada anche nel mondo del lavoro… Dopo lo scioglimento della squadra, il corso degli eventi sarebbe dovuto andare diversamente… avevo l’uomo che amavo, una promessa di felicità e di una vita migliore… così non è stato… il destino ha scelto altrimenti il percorso che avrei dovuto affrontare ed io mi sono adeguata…
Sono tornata a Parigi e mi sono gettata di nuovo negli studi che avevo dovuto gioco-forza abbandonare… sono stati anni impegnativi, ma alla fine sono riuscita a diventare direttore del reparto di medicina legale dell’ospedale della mia città, in parte grazie anche alle conoscenze acquisite come infermiera accanto al Dottor Gilmoure…
“Ecco a lei signorina…” la hostess mi distoglie un istante dai miei pensieri, porgendomi una tazza di caffè fumante…
“Grazie…” mi volto verso il finestrino… tra poco arriverò a Tokyo… un tuffo nelle acque del mio passato…
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Il Professor Gilmoure guardava attentamente il tabellone che riportava gli arrivi e le partenze dell’aeroporto internazionale di Tokyo… il volo di Françoise era atterrato, probabilmente la ragazza era alle prese con le formalità del check-out…
Si sedette un momento in sala d’aspetto, riflettendo su come avrebbe dovuto gestire la situazione… il caso che dovevano affrontare era molto delicato e pericoloso e le circostanze non auspicavano una condizione ideale per lavorare… avrebbe dovuto trovare il modo di far convivere pacificamente quei due per un po’ di tempo, altrimenti non avrebbero risolto nulla… Sospirò… si sentì improvvisamente vecchio e stanco… i suoi ragazzi avevano trovato tutti la loro strada… tutti, eccetto Joe e Françoise…
Apparentemente erano due persone realizzate: lei medico legale di un prestigioso ospedale, lui comandante delle forze speciali della polizia cittadina, ma…
“Professor Gilmoure… Professore!”
Una voce dolce e delicata lo fece sussultare… una figurina esile lo stava salutando da lontano… lui si alzò, osservandola… possibile che fosse… no… era davvero lei?
La giovane donna si avvicinava a grandi passi… sì… doveva essere lei, ma… santo cielo… com’era diversa da come la ricordava… indossava un semplice abito chiaro, portava i tacchi alti (ma da quando?) e aveva tagliato i capelli… il Dottor Gilmoure stentava a identificare in quel caschetto biondo la ragazzina che aveva salvato dai Fantasmi Neri…
“Professore… non mi riconosce?” disse, quando fu davanti a lui…
“Françoise… sei proprio tu?”
Lei sorrise… “Beh, a quanto pare sì!”… lo abbracciò affettuosamente.
“Sei davvero splendida, mia cara!”… già… così bella che a Joe gli prenderà un colpo quando ti vedrà, così forse avrò risolto il problema di farvi incontrare… ma si trattenne nel dare forma di parola a questo pensiero… “Ma… hai tagliato i capelli?”
Françoise si portò istintivamente una mano alla testa… “Sì… così sono molto più pratici e comodi…” non disse che era stata la prima cosa che aveva fatto appena tornata a Parigi… per lei non era stata solo una nuova acconciatura, bensì un abbandono definitivo al proprio passato… cambiò discorso: “Lei come sta dottore?”
“Oh bene, a parte qualche grana come quella che ti ho anticipato ieri… ma ne parleremo a casa… vogliamo andare?” disse, aiutandola con i bagagli…
“Certamente…”
Si avviarono silenziosamente verso l’uscita dell’aeroporto, chiamarono un taxi e partirono… da lì la vecchia base distava poco più di un’ora e Françoise riprese il dialogo: “Come stanno gli altri?”
Il Professore rispose: “Non sai più nulla di loro?”
“Ho mantenuto i contatti soltanto con Albert e Bretagna, gli unici europei del gruppo, ma ci sentiamo di rado… d’altra parte ognuno ha la sua vita ora, comunque stanno bene…”
“Dunque, per farla breve, Ivan è stato affidato ad una famiglia di mia conoscenza, sanno che non crescerà come un bambino normale, ma gli vogliono molto bene ed il piccolo ha ritrovato l’affetto di un padre e una madre; gli altri sono tornati tutti nei loro paesi di provenienza… se la cavano discretamente a quanto ne so…” non parlò di Joe, né tantomeno disse che lavoravano ancora insieme e lei non chiese nulla…
“Mi fa piacere…” rispose.
Continuarono il viaggio scambiando qualche formale battuta, finché il taxi si fermò davanti alla loro base… Françoise ebbe un sussulto… non era cambiata affatto… scese lentamente dall’auto, rimanendo un istante ad osservarla, mentre il Professor Gilmoure pagava l’autista…
“Vogliamo entrare cara?” disse, non appena la vettura ripartì…
“Sì…”
Il buon dottore le tenne la porta aperta mentre lei attraversava di nuovo quella soglia… entrò, evitando di guardarsi troppo intorno, tanto conosceva quelle mura a memoria…
“Se non ti dispiace, Françoise… vorrei parlare con te degli avvenimenti che mi hanno portato a chiamarti così urgentemente…”
“Ma certo…”
“Bene… vieni… andiamo nel mio studio…”
La precedette di qualche passo mentre salivano le scale che portavano all’ufficio del Professore… quando lui aprì la porta della stanza per farla accomodare, lei entrò e… il suo bel viso si contrasse in un’espressione di insofferenza e repulsione… davanti a lei, l’uomo che le aveva distrutto l’anima…

 

Parte 3

Non riesco a parlare… non riesco a muovere un dito… quasi non riesco a respirare di fronte a lui… mi volto verso il Professor Gilmoure e, da ciò che leggo sul suo viso, capisco che era a conoscenza della presenza di quell’uomo…
“Dunque… è così…” la mia voce esce sibilando dalla mia bocca “… perché non mi ha detto nulla per telefono? Perché non mi ha detto che qui avrei trovato anche… lui…”
“Françoise, cara… cerca di capire…”
“Capire? Che cosa dovrei capire Professore? Lei sapeva benissimo che non volevo più avere niente a che fare con Joe Shimamura!” pronuncio quest’ultima frase con rabbia, quasi gridando, poi torno ad osservarlo… il suo volto adesso è contratto dal dispiacere… l’ho ferito… benissimo, era quello che volevo. Ma che cosa credeva? Che avessi scordato tutto il male che mi ha fatto? Non accadrà mai! Sei solo un vigliacco! Dio, quanto ti odio!
Improvvisamente, prende la parola… muovendosi…“Ti prego, Françoise…”
“Non avvicinarti! Sta’ lontano da me…”
“Va bene! Va bene!...” alza le mani in segno di resa “ma… per favore… non voglio discutere con te”
“Discutere con me??? Hai proprio un bel coraggio!” istintivamente, mi sfugge un risolino isterico… “Quando mai tu hai discusso con me?... Oh… oh no, dimenticavo! Una volta l’hai fatto, ma è stato solo per dimostrarmi il codardo che sei!”
Prima che possa replicare, il Professor Gilmoure, finora spettatore impotente del nostro battibecco, interviene nella disputa: “D’accordo, adesso basta! Avete capito? Basta così! Non tollererò altri insulti o insolenze in questa casa! Sono stato chiaro?” entrambi ci volgiamo di nuovo verso di lui che adesso ci minaccia con un dito alzato: “Nei prossimi giorni dovrete andare d’accordo o perlomeno fingete di farlo! Dobbiamo risolvere una faccenda molto grave! Stanno morendo dei bambini qui e i loro genitori se ne sbattono delle vostre discussioni, vogliono sapere perché i loro figlio muoiono, dannazione!”
“Dottore…”
“Chiudi quel forno, Joe!”... non l’avevo mai visto così prima d’ora, non è da lui, è proprio fuori di sé… “Dunque… adesso vi dirò come vi comporterete, proprio come si fa con i ragazzini dell’asilo: ve ne andrete tranquillamente nelle vostre stanze… riposerete… e domani mattina vi sveglierete calmi e sereni e vi presenterete qua nel mio studio alle otto precise! Siamo intesi?”
Incapaci di proferire parola, annuiamo distrattamente…
“Benissimo e adesso sparite dalla mia vista!”, detto questo il Professor Gilmoure si lascia cadere stancamente sulla sua poltrona, chiudendo gli occhi e voltandoci le spalle…
Non riuscendo a sopportare oltre quella situazione, esco dalla stanza sbattendo la porta, evitando accuratamente lo sguardo di Joe…
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Entro furiosamente in quella che una volta era la mia camera… chiudo la porta dietro di me, cercando di isolarmi dal resto del mondo, ma soprattutto da lui, dalla cagione di tutti i miei peggiori incubi…ma come ha potuto il Dottor Gilmoure farmi questo? Come può pensare che io torni a lavorare con Joe dopo quello che è successo? Eppure lui dovrebbe saperlo… è stato lui a consolarmi, a confortarmi, a consigliarmi di lasciare Tokyo dopo… ma perché continuo a tormentarmi? Cavolo, sono proprio una masochista! Sorrido stancamente a questo pensiero, cercando di prestare attenzione alla mia ex-stanza… non è cambiato nulla, evidentemente il Professore ha voluto mantenere gli ambienti della casa come una volta…
Apro l’armadio… la mia vecchia uniforme è ancora lì, come nuova… sento quella stoffa sotto la mia mano e mi rendo conto che in fondo mi è mancata moltissimo… no… forse non ho nostalgia di quella divisa, bensì della ragazza che ero una volta, della vita che avevo e dell’amore che sentivo e che forse non proverò mai più…
Mi allontano dall’armadio e mi siedo sul mio letto… lo sguardo perso sull’orizzonte fuori dalla finestra… lentamente vecchi ricordi affiorano, un antico dolore acuito ancora di più dal luogo in cui mi trovo…
La rabbia mi sale alla gola, impedendomi quasi di respirare…lui se n’era andato, lui mi aveva abbandonato… dopo l’ultima missione che aveva portato alla distruzione dei Fantasmi Neri, dopo il mio ennesimo ferimento, Joe era cambiato… in lui era morto qualcosa, portandosi via l’amore…Io cercavo sempre di stargli vicino, ma sembrava che non gli importasse ed era questo a farmi più male di qualsiasi altra cosa…
Quando tutto si era dissolto? Quando l’avevo perso? Forse proprio dopo quella missione, o forse no… non saprei dirlo con certezza… Forse era successo molto prima di quando fui in grado di ammettere la sconfitta…
Era accaduto tutto durante una lunga e fredda cena… io non riuscivo a parlare, ma sapevo in fondo al mio cuore che quella era la fine della nostra storia… mi limitai ad ascoltarlo giustificarsi del fatto che mi stava lasciando… che era per il mio bene… che avrei potuto rifarmi una vita… che non mi meritava e che non era in grado di proteggermi, altrimenti non avrei rischiato di morire così tante volte…
Il mio silenzio, accompagnato dalle mie lacrime, era stato più eloquente di qualsiasi altra parola… alla fine, era inutile disperarsi, lui aveva già deciso ed io probabilmente non avevo più la forza di lottare…annuii e mi sfilai l’anello di fidanzamento… che strano, era scivolato via così facilmente dal mio dito… un pezzo di una vita che avevo tanto desiderato moriva definitivamente con quel gesto.
Glielo avevo messo in mano e l’avevo guardato negli occhi… c’era qualcos’altro oltre al dolore che mostravano…
Minuscole goccioline umide bagnano il mio vestito… sto piangendo di nuovo… stupida… avevi promesso di non soffrire più per lui… mi alzo, asciugando il viso con una mano, rabbiosamente… possibile che dopo tutti questi anni ancora abbia questo effetto su di me? Devo imparare a controllarmi… il Professor Gilmoure ha ragione, il caso che dovremo affrontare è molto difficile e delicato e non possiamo trascorrere il resto del tempo a litigare tra di noi… e poi prima lo risolveremo, prima potrò tornare a Parigi…
Rincuorata da questo pensiero, mi avvicino allo specchio dall’altra parte della stanza… osservando accuratamente il mio volto…
“Bene Joe, preparati… non sono più quella che tu conoscevi!”

 

Parte 4

Il Dottor Gilmoure era già all’opera nel suo studio insieme a Joe, anche se mancavano ancora dieci minuti alle otto del mattino.
“Vedi… queste sono le fotografie dei piccoli che siamo riusciti ad ottenere dalle famiglie e questo…” disse, porgendogli un dossier alto due pollici “…è il fascicolo riguardante il nuovo vaccino antinfluenzale lanciato sul mercato dalla Pharmacom che mi hai portato… l’ho esaminato accuratamente, ma non c’è niente che possa collegarlo ai decessi, nonostante… Joe… ehi ragazzo! Mi stai ascoltando o no?”… e gli schioccò due dita davanti agli occhi…
Lui si riscosse, assumendo un’espressione imbarazzata… “Mi scusi Professore… mi ero distratto…”
Lo scienziato tolse dalle sue mani l’incartamento…”Temo di sapere il motivo della tua distrazione…”
“Non è come crede…”
“Ah no? E com’è allora?”
Joe era ancora più impacciato… non poteva certo dirgli che quando l’aveva vista aveva avuto la tentazione di stringerla a sé e di non lasciarla andare più…era diventata ancora più bella di quanto riusciva a ricordare…
“Beh… ecco… io…”
Si sentì bussare alla porta… i due uomini guardarono l’orologio a parete: le otto esatte… Françoise era sempre stata un esempio di puntualità…
Il Dottor Gilmoure esclamò: “Vieni pure avanti, cara…”, poi rivolto a Joe, disse sottovoce “…non pensare di cavartela così, ne riparleremo più tardi…”
Lei entrò lentamente nello studio… era molto più padrona di sé rispetto al giorno precedente, indossava un semplice paio di jeans, una t-shirt scura e scarpe basse… se non fosse stato per i capelli corti, sembrava la stessa ragazza di una volta…
Si diresse speditamente alla scrivania del Professore… “Buongiorno, Dottor Gilmoure…” disse, ignorando deliberatamente Joe…
Lo scienziato se ne accorse, ma mise subito a tacere con lo sguardo qualsiasi velata protesta dell’uomo… “Buongiorno cara, dormito bene?”
Lei annuì: “Splendidamente, grazie.”
“Bene, visto che ci siamo tutti allora… accomodatevi… ti illustrerò la situazione Françoise… Joe ne è già ampiamente a conoscenza…”
Lui le rivolse un sorriso al quale lei non rispose ed il Professore continuò: “Come ti ho accennato ieri, siamo di fronte ad un caso problematico… devi sapere che nelle ultime settimane la Pharmacom, la più grande industria farmaceutica del Giappone, ha immesso sul mercato internazionale un nuovo vaccino antinfluenzale…” mentre parlava, Joe le porse una cartella con sopra scritto “Pharmagrip”… Françoise si rivolse al Dottor Gilmoure “Sarebbe questo Pharmagrip?”
“Sì… sembra che sia un farmaco molto efficace contro qualsiasi ceppo virale che causa l’influenza…”
“Beh… sarebbe una scoperta interessante…”
“Il fatto è che, a pochi giorni di distanza dalla diffusione del vaccino, si sono verificati degli strani decessi, soprattutto bambini che avevano assunto il farmaco…”
“Ma non è stata aperta un’inchiesta?”
Il Professor Gilmoure sospirò: “No… il proprietario della Pharmacom, Naoto Sagimi, purtroppo è una delle persone più potenti al mondo, pare che abbia addirittura dei legami con la mafia… insomma, ha messo tutto a tacere…”
“Capisco… e questo allora?” disse Françoise sollevando il dossier…
“Oh… quello è solo un fascicolo contenente informazioni tecniche e specifiche del Pharmagrip, non c’è niente che possa collegarlo a queste morti… se lo è procurato Joe con un mandato…”
“Come… un mandato?”
“Ah già, tu non puoi saperlo… Joe è il comandante delle forze speciali della polizia di Tokyo…”
Françoise notò la nota di orgoglio nella voce del buon dottore… era comprensibile, per lui i nove cyborg erano tutti suoi figli…
“Congratulazioni…” si sforzò di sorridergli…
“Grazie…” rispose.
Lei prese subito in mano la situazione: “Dovrò effettuare un’autopsia su uno dei corpi… la causa dei decessi potrebbe essere un componente contenuto nel Pharmagrip e posso scoprirlo solo in questo modo…”
“Sono già state svolte altre autopsie, ma non è mai stato trovato nulla…” disse Joe.
“Ma nessuna è stata eseguita da me…” lo aveva detto guardandolo dritto negli occhi, dimostrando una sicurezza sorprendente se paragonata alla Françoise di un tempo… timida e incerta…
Le sorrise: “D’accordo…” poi, rivolgendosi al Professor Gilmoure: “… potrebbe farla anche oggi, nel pomeriggio ne sono previste tre in ospedale ed una riguarda proprio il nostro caso…”
“Benissimo…” rispose il Dottore, alzandosi dalla sua sedia “…comunicherò al medico che si occupa delle autopsie che lo assisterai nel lavoro quest’oggi, si chiama Jack Reynolds, è il figlio di un amico ed un ottimo professionista, non farà obiezioni… e adesso scusatemi, ma devo andare ad organizzare il tutto…”, detto questo si allontanò, lasciandoli soli…
Nello studio calò il silenzio, finché fu Françoise a parlare per prima: “E così… comandante eh?”
“Già”
“Ti è sempre piaciuto questo ruolo, anche quando…” ma evitò di continuare…
“Anche quando?” la sollecitò lui…
“Niente… meglio non rivangare il passato…”
Lui tentò di continuare quel labile dialogo: “Stai molto bene… voglio dire… con i capelli corti…”
“E’ un tentativo di farmi un complimento?”… stava diventando tutto molto più difficile di quanto si era aspettato…
“Sì… cioè, no… ecco, io…”
“Senti Joe…” lei lo bloccò subito “…se sono rimasta è solo per aiutare il Professor Gilmoure, lui è stato come un padre per me e glielo devo, ma quando questa storia sarà finita, tornerò alla mia vita a Parigi. Per il tempo che resterò qui vorrei che non affrontassimo discussioni inutili, tanto meno parlare di quello che è stato, mi sono spiegata? Ormai è un capitolo chiuso per me, come lo è per te del resto… credo che su questo siamo entrambi d’accordo… e adesso perdonami, vado a prepararmi… buon lavoro…”
Uscì dalla stanza senza dargli il tempo di replicare… per lui niente si era concluso, ora più che mai, dopo averla rivista, dopo averla avuta accanto a sé, sentiva che doveva averla di nuovo… forse era puro egoismo il suo, ma stavolta sarebbe stato diverso…
Sorrise… “So che in fondo al tuo cuore mi ami ancora… farò in modo che tu lo ricordi…” con questo pensiero, tornò ad esaminare il caso…

 

Parte 5

(Un ringraziamento particolare a Costigan che con le sue parole ha ispirato la stesura di questo capitolo. Grazie! Michi)

L’autopsia si era svolta nel migliore dei modi, il dottor Reynolds non aveva contestato la richiesta del Dottor Gilmoure di farmi assistere all’operazione, anzi… si era dimostrato davvero molto gentile con me. Jack è il figlio del primario dell’ospedale generale della città, un amico di vecchia data del Professore; durante l’intervento si era dimostrato un medico davvero brillante, nonostante la giovane età… mi ero trovata davvero molto bene con lui e per ringraziarlo della sua collaborazione avevo accettato il suo invito a cena.
Mi aveva portato in uno dei migliori ristoranti di Tokyo e la serata stava per volgere piacevolmente al termine, tuttavia non riuscivo a smettere di pensare che mi fosse sfuggito qualcosa nell’autopsia eseguita poche ore prima… possibile che il Pharmagrip non lasciasse residui nell’organismo umano? No… tutti i medicinali seminano tracce nel corpo, figuriamoci un vaccino potente come quello che quasi sicuramente porta alla morte… no… c’era qualcosa che non riuscivo ancora a capire, dovevo approfondire la questione…
“Ehi… Françoise… sei ancora qui?”
La voce di Jack mi riportò alla realtà…
“Oh… sì… scusami… è che stavo pensando all’intervento di questo pomeriggio… insomma… dopo tanta fatica non siamo riusciti a trovare la vera causa del decesso di quel bambino…”
“Beh… dai risultati ottenuti, sembra che sia stato un infarto…”
Sbuffo spazientita: “Suvvia Jack… un infarto in un bambino di dieci anni, che peraltro non ha mai sofferto di cuore? Impossibile… dev’esserci qualche altro motivo…”
“Può darsi, ma non sta a noi occuparcene, non siamo la polizia…” stranamente, chiude l’argomento facendomi capire benissimo di non volerlo più affrontare… che abbia qualcosa da nascondere? Ma no, che vado a pensare… io e le mie paranoie!
“Che ne diresti di fare una passeggiata prima di rientrare?” mi chiede…
Non che ne abbia particolarmente voglia dato che la giornata è stata molto faticosa, ma preferisco non rincasare tanto presto e ritrovarmi lo sguardo interrogativo di Joe davanti agli occhi… così rispondo “Volentieri…”
Lasciamo il locale e ci avviamo lentamente verso le vie principali della città, costellate di luci, suoni e colori… Tokyo è davvero frenetica, molto più caotica di un tempo, ma Jack è davvero un buon cicerone, mi illustra ogni cosa che vediamo come se fossi una turista in vacanza… non gli ho parlato della mia vita, così non può sapere che ho trascorso qui molti anni e che conosco perfettamente qualsiasi strada, palazzo, chiesa o museo…
Ad un certo punto ci fermiamo in un piccolo bar, ci sediamo ed ordiniamo due caffè… il cameriere è molto cortese e ci porta subito le bevande, così, davanti a due tazze fumanti, Jack comincia di nuovo a parlare: “Sai, finora abbiamo sempre discusso di lavoro, ma dimmi qualcos’altro di te…”
“Che cosa vorresti sapere?”
“Beh… per esempio… se c’è qualcuno di importante nella tua vita…”
Inevitabilmente, stringo le mani intorno alla mia tazza di caffè… sento il mio cuore che inizia a battere più velocemente… no, non sono ancora pronta ad affrontare questo argomento…
Lui sembra aver capito, perché continua il discorso: “Dalla tua reazione sembra proprio di sì…”
Mi scuoto dal mio silenzio, tentando di reagire… non posso trattarlo così, è stato così gentile con me… “Perdonami… c’è stato qualcuno sì… un uomo che ho amato molto… ma ormai è finita da un pezzo… è una storia di molti anni fa che…”
“… che non riesci a dimenticare” conclude al mio posto.
“Preferirei non parlarne se non ti dispiace…” rispondo stizzita.
“D’accordo… mi sta bene… vuol dire che ho una qualche speranza…”, sorride, ma io non sono altrettanto serena… in quelle poche parole aveva enunciato una verità che finora avevo tentato di ignorare, una realtà che avevo voluto nascondere nei luoghi più reconditi della mia anima: non riesco a dimenticare…
“Portami a casa Jack, per favore, si è fatto molto tardi…”, ne ho abbastanza, voglio chiudermi di nuovo nella mia camera ed escludere il mondo…
“Va bene, ma voglio dirti una cosa prima di andare: sono stato benissimo stasera insieme a te… vorrei rivederti…”
I suoi occhi sono sinceri… ma sono talmente tanti anni che non ho un contatto di questo genere con un altro essere umano… “Non so Jack… magari più avanti…”
“Promettimi solo che ci penserai… non ti chiedo altro…”
Rimango un istante in silenzio, non sapendo che cosa dire… non voglio illuderlo o alimentare in lui false speranze… tuttavia, non pretende niente, soltanto che ci rifletta: “Va bene…”
“Perfetto, per me è più che sufficiente… andiamo adesso…” mi accompagna alla sua auto, mette in moto e partiamo… in fin dei conti non è stato un appuntamento spiacevole, forse se lo avessi incontrato prima, in un altro tempo, in un altro luogo, sarebbe stato diverso… forse se fossi un’altra persona… forse se non avessi amato così tanto un altro uomo…
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Joe era inchiodato alla finestra della grande sala, seminascosto dietro la tenda, con gli occhi fissi sul suo orologio… mezzanotte e tre quarti… ma dove diavolo è andata?
La gelosia lo stava letteralmente divorando, anche se non lo avrebbe mai ammesso… chissà che cosa stavano facendo in questo momento… la sua mente gli creava fantasie assurde, la più ricorrente vedeva la sua Françoise tra le braccia di un prestante dottore … Al solo pensiero, una furia omicida lo colse e trovò il suo sfogo nel povero vaso sul tavolino, che andò a schiantarsi fragorosamente contro il muro, ricadendo in mille pezzi sul pavimento… per fortuna il Professor Gilmoure si era trattenuto nel suo laboratorio quella notte, altrimenti si sarebbe infuriato…
Il potente rombo del motore di una macchina lo riscosse… si avvicinò di nuovo alla finestra, senza farsi vedere all’esterno… la Porsche di Jack Reynolds stava percorrendo il vialetto, andando a fermarsi davanti alla porta di casa…
“Però… il bellimbusto si tratta bene…” pensò laconicamente.
Il giovane medico scese dall’auto ed aiutò cavallerescamente la donna che lo accompagnava a fare altrettanto… rimasero un momento in silenzio, l’uno di fronte all’altra… un tempo che a Joe parve interminabile…
“Se si azzarda a baciarla, giuro che lo ammazzo…” bofonchiò tra sé e sé.
Ma non accadde nulla di ciò che temeva… i due si limitarono a salutarsi stringendosi la mano, dopodiché Jack salì di nuovo a bordo della Porsche e ripartì, scomparendo in fondo alla strada… Joe chiuse gli occhi, emettendo un lungo sospiro di sollievo, ma quando gli aprì nuovamente si accorse che Françoise era rimasta immobile davanti alla porta e stava guardando attentamente proprio nella sua direzione…
“Accidenti!” esclamò, affrettandosi ad allontanarsi dalla finestra… “dimentico sempre la sua supervista!” non fece in tempo ad uscire dalla stanza, che lei era già sulla soglia…
“Ancora sveglio a quest’ora?” gli chiese, posando la borsetta sopra una sedia…
“Io… ecco… sì, stavo lavorando…” rispose, cercando di recuperare una parvenza di tranquillità… cosa molto difficile in realtà…
“Oh… capisco…” i suoi occhi si spostarono sui frammenti del vaso caduto “…ma, cosa è successo qui?”
“Niente di grave… mi sono distratto, l’ho urtato per sbaglio è si è rotto…”… sì, la scusa è buona…
“E come avresti fatto dato che si trovava in bella mostra al centro del tavolo?” rispose lei… effettivamente era impossibile che fosse rotolato giù dal ripiano, e anche ammettendo che fosse successo, non si sarebbe mai disintegrato a quel modo, dato che il tavolo era tipicamente giapponese e cioè molto basso…
Preso in trappola, Joe cambiò velocemente il soggetto della conversazione: “Dove sei stata?”
Françoise assunse una posizione difensiva: “Sai benissimo dove e soprattutto con chi sono stata, dato che mi hai spiato…” disse, accennando vagamente con la mano alla finestra “…e comunque non sono affari tuoi… non più ormai…”
Aveva calcato molto la voce sull’ultima frase… lui si irritò, ma decise che non gliel’avrebbe data vinta a quella piccola testarda: “Al contrario… sono anche affari miei se riguardano il caso Pharmagrip… tu devi dirmi…”
Lei non lo lasciò terminare, sbottando: “Io non devo dirti proprio niente della mia vita privata, chiaro?...” si avvicinò minacciosamente a lui, continuando nel suo scoppio d’ira “…chi ti credi di essere per darmi ordini? Non sei mio marito, non sei il mio uomo, né tanto meno mio padre… tu per me non sei nessuno!! Come ti permetti di dirmi cosa devo o non devo fare!!!”
Il bacio arrivò improvvisamente, tappandole la bocca e inchiodandola al suolo… che cosa aveva fatto!... ma lei era così bella nella sua collera, con i capelli dorati che si agitavano intorno al suo viso e gli occhi di fuoco e lui non era riuscito a resistere… le labbra di lei a contatto con le sue avevano scatenato di nuovo sentimenti così a lungo nascosti… non riusciva più a dominarsi… sarebbe stato capace anche di prenderla lì, in quell’istante, sul pavimento freddo…
Purtroppo, lo schiaffo arrivò altrettanto repentinamente… Joe si portò la mano al volto, incredulo… adesso erano faccia a faccia, ansimavano entrambi… lei stava piangendo… le lacrime scendevano copiosamente sul suo bel volto…
“Tu… tu… come hai potuto?” singhiozzò…
“Françoise… perdonami… io... non volevo…” razza di ipocrita… lo aveva voluto eccome!
“Tu... non… volevi?... Sei un bastardo! Perché l’hai fatto? Ma cosa credevi? Che sarebbe tornato tutto come prima? O che magari sarei venuta a letto con te, soltanto in ricordo dei bei vecchi tempi?” disse ridendo sarcasticamente.
“Adesso sei ingiusta…”
“Ah! Io sarei ingiusta? Se non sbaglio sei stato tu a fare marcia indietro… sei stato tu ad allontanarmi da te!”
“Françoise…”
“No! Sta’ zitto! Forse non ci crederai, ma io sono un’altra donna ora, ho i miei affetti, le mie amicizie, la mia vita capisci? Una vita di cui tu non fai più parte… lasciami in pace Joe… lasciami in pace una buona volta!”
Non aspettò neanche una risposta… uscì dalla stanza in fretta e senza voltarsi… lui la sentì correre su per le scale e sbattere la porta della sua camera… rimase solo nella grande sala, assorto nei suoi più cupi pensieri… questa volta l’aveva fatta davvero grossa…

Parte 6

Tic-tac… tic-tac… tic-tac…
Il vecchio orologio a pendolo continua a scandire le ore…
Tic-tac…tic-tac… tic-tac…
Le due del mattino… non sono più riuscita a prendere sonno dopo quello che è successo… ma come ho potuto permettergli di farlo, come?... mi siedo sul letto, portandomi due dita alle labbra… eppure… è stata una sensazione così bella, così dolce… lui mi ama ancora, l’ho capito benissimo dal modo in cui mi baciava, da come mi teneva stretta… ed io? Forse è ora che anche tu sia sincera con te stessa Françoise… ma è trascorso così tanto tempo, è una cosa irrealizzabile a questo punto… dopo stasera poi, dopo tutti gli insulti che gli ho gettato addosso…
Un rumore attira la mia attenzione… è un suono molto strano, soprattutto perché sono riuscita a sentirlo soltanto perché sono un cyborg dotato di superudito… istintivamente, mi alzo e scendo le scale in silenzio… proviene dallo studio del Professor Gilmoure… mi avvicino lentamente, tenendomi vicino al muro… la porta è socchiusa e qualcuno all’interno si sta muovendo…
Aziono i miei raggi X e riesco a percepire una figura con una torcia in mano che fruga tra i documenti del Dottore… maledizione devo agire alla svelta, ma indosso unicamente una logora t-shirt e gli slip e soprattutto sono completamente disarmata!
Mi guardo freneticamente intorno alla disperata ricerca di qualsiasi cosa da utilizzare come arma… il mio sguardo cade sulla vecchia collezione di coltelli da cucina che Chang aveva regalato al Professor Gilmoure prima di tornare in Cina e che lui aveva posizionato come suppellettili sopra un mobile…
Velocemente agguanto quello più simile ad un pugnale… perfetto, adesso posso intervenire… sto per entrare nella stanza con la lama alzata per cogliere di sorpresa l’avversario, quando improvvisamente mi sento afferrare alla vita da una mano forte, mentre un’altra ancora più forte mi tappa la bocca prima che riesca a gridare aiuto…
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“Ragazzo! Che sei venuto a fare qui? Che cosa è successo?”… il Professor Gilmoure era assorto nell’esame al microscopio elettronico di un campione del Pharmagrip, che si era procurato qualche giorno prima con l’ausilio del Dottor Reynolds, quando Joe entrò nel laboratorio con una faccia lugubre…
“Allora, mi vuoi spiegare?” disse… l’altro rispose in un soffio: “Ho baciato Françoise…”
“Cooosaaaa??”
“Già…”
“Ma ti ha dato di volta il cervello? Proprio adesso che la situazione stava tornando alla normalità…” lo scienziato aprì le braccia in un gesto esasperato…
Joe era veramente contrito… “Non so come sia potuto succedere… lei era lì, davanti a me… ed io… insomma, non ho saputo resistere, è stato più forte di me…”
Il Professor Gilmoure rimase un momento interdetto di fronte a quella rivelazione, poi lo osservò in silenzio per qualche istante… era proprio avvilito… non se la sentiva di rimproverarlo ancora…
“Immagino che non abbia reagito bene al tuo gesto…”
Lui sorrise, sfiorandosi la guancia… ancora gli bruciava per il dolore… “Direi di no… me le ha proprio suonate…”
“Beh… cosa ti aspettavi? E’ stata molto dura per lei e nessuno lo sa meglio di te…”
Joe non parlava, ascoltava l’anziano dottore e comprendeva che le sue parole scaturivano dal cuore…
La sua mente tornò a dieci anni prima, quando l’aveva conosciuta… una ragazzina insicura, preda dei Fantasmi Neri e delle sue paure… poi dopo l’avventura che avevano vissuto insieme nella giungla, quando avevano rischiato di morire, finalmente si era reso conto di amarla ed aveva capito che lei l’aveva amato fin dal primo momento, in silenzio, aspettando e sperando che lui la ricambiasse… come aveva potuto rovinare tutto?
Il Professor Gilmoure gli si avvicinò, scuotendo la testa: “Figliolo, lei è ancora innamorata di te…”
Joe vacillò, aprì la bocca… ma poi la richiuse…
“Basta solo che tu le dica che ti dispiace… metti da parte l’orgoglio, Joe… la vita è già tanto difficile così com’è, l’amore non deve esserlo…”
Furono interrotti da alcuni rumori provenienti dal piano di sopra… i due si guardarono negli occhi e Joe disse: “Resti qui Professore… vado a vedere che succede e… grazie delle sue parole…”
“Figurati…” rispose “… fa’ attenzione!”
Lui si diresse in fretta all’interno della casa, perlustrando attentamente ogni angolo… dallo studio del Dottor Gilmoure arrivavano dei suoni attutiti… poteva essere un ladro nella migliore delle ipotesi… sperò che Françoise non avesse sentito niente, cosa alquanto improbabile poiché era in grado di udire qualcosa di strano a chilometri di distanza…
I suoi timori furono confermati circa dieci secondi dopo, quando vide la donna davanti alla porta della stanza del Professore impugnare un coltello di Chang e posizionarsi all’attacco… ma era impazzita? Se l’altro aveva una pistola l’avrebbe uccisa! Cosa pensava di fare con una vecchia lama arrugginita?
Non si soffermò a pensarci due volte, le arrivò alle spalle, cingendola alla vita e trascinandola dietro l’angolo della parete con una mano sulla bocca per impedirle di urlare…
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Françoise cominciò a dibattersi all’interno di quella morsa, ma solo per un secondo, poiché riconobbe quasi subito il tocco familiare di Joe che la voltò verso di sé e le intimò con lo sguardo di fare silenzio…
Quando lei si rilassò, lui allentò la presa, continuando tuttavia a tenerla avvinghiata a sé…
“Che cosa credi di fare con quella specie di pugnale?” le disse…
“Semplicemente il mio dovere…” ribatté lei.
Joe indicò la figura che si muoveva, ancora ignara di essere osservata… “Ah sì? E non hai pensato che se quello ha una pistola ti fa fuori in tre secondi?”
Françoise non replicò… effettivamente aveva ragione… stavolta lei era nel torto… ma non gli dette la soddisfazione di affermarlo…
“E come pensi di agire allora, comandante?”
Lui ignorò la battuta e rispose “Semplice… dobbiamo catturarlo e farlo parlare… da come si sposta sta cercando sicuramente qualcosa in particolare, questo vuol dire che è qui perché qualcuno gliel’ha ordinato, dobbiamo scoprire di chi si tratta…”
“Oh ma guarda! Pensa… io non c’ero arrivata…” disse Françoise, cercando di dare un tono beffardo alla sua voce…
“Spiritosa… molto, molto spiritosa…”
“Ehm… scusa, ma… dovresti lasciarmi adesso…”
Joe ritirò entrambe le mani simultaneamente, un po’ dispiaciuto della perdita del contatto con il suo corpo, rimanendo a fissarla… si era accorto solo in quel momento che era praticamente seminuda… portava solo una maglietta che lasciava davvero poco all’immaginazione… santo cielo, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso…
“Ehi… potresti anche smetterla di fissarmi a quel modo!” gli disse seccamente…
Lui allora protestò: “Beh ma scusa, cosa pretendi se te ne vai in giro vestita… o meglio… svestita così!”
“Guarda che io stavo dormendo e comunque… aspetta un momento!” si interruppe con un’espressione sorniona “mi è venuta un’idea!”
Lui la osservò posare a terra il coltello, sollevare la t-shirt fin sotto il seno e annodarla strettamente, mettendo in mostra il ventre piatto e le lunghe gambe snelle…
“Oddio! Ma hai deciso di farmi morire?”
“Non fare l’idiota! Mi hai vista anche meno vestita di così…”
“Si… ma la situazione era alquanto diversa allora…”
Lei fece finta di niente: “Adesso io entrerò nello studio del Professore e tu… dopo che mi avrai sentito finire di parlare, stenderai quel tizio intesi?”
“Ah… eh…”… non era molto concentrato a dire la verità… Françoise gli agitò una mano sugli occhi, ripetendo: “Intesi?”
“Va bene! Muoviamoci”
Françoise si voltò, non senza nascondere un sorriso soddisfatto… incredibile, dopo anni che lui non la vedeva, lei riusciva ancora ad eccitarlo…
Scacciò quel pensiero dalla mente e si preparò all’azione… spalancò la porta della stanza e vi entrò esclamando: “Salve! Ha bisogno di aiuto?”
Il tizio, preso alla sprovvista, alzò il capo dai fogli che stava studiando, portava un passamontagna nero ma questo non gli impedì di strabuzzare gli occhi alla vista di quella giovane mezza nuda che gli sorrideva… purtroppo per il poveretto non ebbe il tempo di guardare abbastanza, perché Joe, muovendosi alla velocità del suo acceleratore, lo aveva già atterrato con un colpo preciso dietro il collo…
“Ok amico… lo spettacolo è finito!”… l’individuo cadde a terra svenuto…
Françoise sciolse frettolosamente il nodo della maglietta, facendola ricadere di nuovo lungo i fianchi… “Non l’avrai mica ucciso vero?” chiese, mettendosi vicino a Joe che stava controllando le funzioni vitali dello sconosciuto…
“No…” ribatté candidamente “… a quello ci hai pensato tu!”
“Ah… ah… ah… aspetta che non riesco a trattenere le risate…” disse lei, offesa “… dai, togli il cappuccio, vediamo chi è…”
Lui obbedì… Françoise riconobbe immediatamente l’uomo svenuto “Santo cielo, ma… ma è Jack!”
“Vuoi dire che questo è il dottor Reynolds?” chiese Joe, indicando la figura a terra…
“Ma sì… è lui! Io… non capisco…”
“Calmati… vai a chiamare subito il Professor Gilmoure… voglio che sia presente quando lo interrogheremo… sbrigati!”
“Vado…” lei fece per andarsene velocemente, quando Joe la richiamò: “Ehi… Françoise!”
“Cosa?”
“Magari è meglio se ti vesti… prima…”
Lei si osservò dall’alto in basso… si era completamente scordata del suo… ehm… “pigiama”…
“Ma sì… certo!” replicò e uscì dallo studio, lasciandolo parecchio divertito dall’esibizione a cui aveva appena assistito…

 

Parte 7

Jack Reynolds era seduto con le mani legate dietro la schiena, a testa bassa, tentando di accampare giustificazioni poco plausibili con i tre che lo stavano interrogando… era sinceramente dispiaciuto per come erano andate le cose, soprattutto nei confronti di Françoise, ma non aveva avuto altra scelta… doveva agire in quel modo…
“Senti Jack, ti prometto che non ti faremo del male, ma devi spiegarci che cosa stavi cercando nello studio del Professor Gilmoure…”
Il giovane medico alzò lo sguardo sulla donna… i suoi occhi lo invitavano a dire la verità e lui non ce la faceva più a mentire… aveva trascorso metà della sua vita a raccontare falsità di ogni genere…
Abbassò di nuovo il capo: “Va bene, vi dirò tutto… ma vi prego slegatemi, vi do la mia parola che non cercherò di scappare…”
Françoise si mosse per sciogliere la corda che stringeva i polsi del dottore, ma Joe la fermò, trattenendola per un braccio… Lei lo fissò negli occhi solo un attimo… e in quell’istante Jack comprese chi era l’uomo che lei non riusciva a dimenticare…
“Fidati di me… non fuggirà” per la prima volta da quando era tornata si era rivolta a lui con dolcezza, come un tempo… Joe la lasciò…
Una volta liberato, il Professor Gilmoure prese la parola: “Tuo padre sarà molto deluso di te, figliolo…”
“Lo sono io per primo…” rispose con un filo di voce…
“Ascolta Jack…” intervenne Françoise “…devi dirci tutto adesso… che cosa ci facevi di sopra poco fa?”
Lui sospirò: “Stavo tentando di capire se avevate scoperto qualcosa sul Pharmagrip…”
I tre si guardarono reciprocamente… “Sì” continuò “il vaccino che la Pharmacom ha immesso sul mercato contiene un componente specifico che alcune volte interagisce con l’apparato circolatorio in maniera disastrosa… in pratica annienta lentamente i globuli rossi del sangue, portando alla morte…”
Aveva parlato velocemente, come per liberarsi da un grosso peso… Françoise si portò una mano alla bocca, incapace di parlare… Joe e il Professor Gilmoure erano rimasti allibiti da quella rivelazione…
“Ma…una cosa del genere dovrebbe rivelarsi durante un’autopsia… insomma, ero insieme a te quando l’hai eseguita e non è saltato fuori nulla…”
“Mi dispiace Françoise… ma ho fatto in modo che non accadesse…”
Lei ripensò velocemente all’intervento del giorno prima, aveva notato un leggero livido sul braccio sinistro di quella povera creatura ed un altro sul suo petto… segni di iniezioni… ma aveva pensato che si trattassero di quelle effettuate per l’inoculazione del farmaco, perlomeno quella sul braccio…
Continuò affranta: “Sono stata una stupida a non esserci arrivata prima… gli hai iniettato il Crinflex prima dell’operazione, non è vero?”
Jack si prese il volto tra le mani, cominciando a singhiozzare… ma Françoise non mostrava segni di compassione… non poteva provare pietà per un uomo così… si rivolse a Joe e al Professor Gilmoure: “Il Crinflex è un inibitore della coagulazione sanguigna, viene utilizzato in alcune terapie antitumorali per via endovenosa per favorire la fluidificazione del sangue… purtroppo se introdotto in grandi quantità nel corpo umano… beh… in pratica distrugge il cuore… lui l’ha somministrato al bambino prima di effettuare l’autopsia, in modo da far credere che fosse morto per un infarto e non per altri motivi…”
“Non volevo farlo… Dio solo sa che non volevo… ma ho dovuto… ho dovuto, altrimenti mi avrebbe ucciso…” piagnucolò…
Una scintilla attraversò gli occhi di Joe: “Chi? Chi ti avrebbe ucciso?”
Jack guardò prima lui, poi il Dottor Gilmoure, fino a soffermarsi su Françoise: “Non… non posso dirlo…”
Joe fece per muoversi, ma lei lo fermò: “Ascoltami Jack… tu andrai in prigione per quello che hai fatto, anche se non esiste una punizione adatta per tutto il male che hai compiuto… però hai ora la possibilità in parte di rimediare, di dare una speranza di giustizia a famiglie ormai distrutte... dicci chi c’è dietro a tutto questo…”
Joe la osservava, incapace di intervenire… le sue parole lo avevano colpito ancora una volta… la sua Françoise era una donna straordinaria e lui ebbe modo di pentirsi una volta di più per averla lasciata… La sua voce aveva fatto presa anche nell’animo di Jack, che raccontò loro ogni cosa: la Pharmacom nella persona del suo proprietario, Naoto Sagimi, era perfettamente a conoscenza dei rischi del Pharmagrip, ma aveva preferito tacere, perché per lui era molto più conveniente dal punto di vista finanziario… se si fosse scoperto che il vaccino era in realtà una via sicura per la morte, l’azienda farmaceutica avrebbe perso milioni e milioni di yen… forse avrebbe dovuto addirittura dichiarare fallimento e questo Sagimi non poteva assolutamente permetterlo. Tutte le prove della nocività del Pharmagrip erano sparite e con un medico legale che stilava falsi referti sui decessi, non c’era nulla da temere…
I tre lo ascoltavano turbati… “Non è possibile che sia scomparso tutto… deve essere rimasta almeno una traccia da qualche parte…” disse il Professor Gilmoure.
“Forse Sagimi tiene ancora una copia dei test effettuati sul farmaco… in quei fascicoli c’è scritto chiaramente che il Pharmagrip è pericoloso…” rispose Jack.
“Sai dove potrebbe tenerli nascosti?” disse Joe.
L’altro alzò le spalle… “Probabilmente li tiene in casa sua, è il posto più sicuro per lui… insomma… possiede una villa enorme all’altra estremità della città, presidiata giorno e notte dalle sue guardie del corpo…”
Joe guardò Françoise: “Dovremo andare a dare un’occhiata… tentar non nuoce… ci muoveremo stanotte stessa… con l’oscurità sarà più facile…”; lei annuì prontamente.
“Bene… il dottor Reynolds invece rimarrà qui fino a domani, finché non lo scorterò personalmente al carcere, così sono certo che non parlerà con anima viva della nostra missione…”
“Sta bene, figlioli… lo sorveglierò io non preoccupatevi…” affermò il Professore.
Joe si rivolse a Françoise: “Partiremo tra mezz’ora”… detto questo Joe fece alzare Jack prendendolo per un braccio e andò a rinchiuderlo nel laboratorio sotterraneo.
Lei lo osservava senza dire una parola… mezz’ora… ancora mezz’ora e sarebbe tornata ad essere 003…
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Sono sola… lo specchio della mia stanza riflette l’immagine di una sconosciuta, una perfetta estranea… chi sono io? Françoise Arnoul? Oppure 003? O forse non sono nessuno e finora mi sono illusa del contrario…
Indosso la mia vecchia uniforme… il tempo sembra essersi fermato a dieci anni fa… l’unica differenza è che allora portavo un cerchietto rosa tra i capelli lunghi… adesso invece i miei capelli sono corti e quel fermaglio è rimasto chiuso per sempre nella scatola dei miei ricordi…
Che cosa sto facendo? Perché sono venuta qui?
Domande semplici… altrettanto semplici dovrebbero essere le risposte: sto cercando giustizia, forse anche una qualche forma di vendetta, per uomini e donne che non si meritavano un simile dolore… nessuno al mondo dovrebbe sopravvivere ai propri figli… nessuno…
Ma è davvero questa l’unica ragione?... Non lo so… non mi riconosco più…
Possibile che lo desideri ancora, dopo quello che ho passato, dopo angosce e tormenti?
No... Françoise… cerca di ragionare: lui ti ha fatto soffrire, ti ha lasciata, non ha più voluto saperne di te… eppure…
“Eppure… ti amo ancora…”
Poche parole… una semplice verità pronunciata a monosillabi… le distanze che ci hanno separato non sono servite… non ho mai imparato ad odiarlo, ci ho provato, davvero, ma non ce l’ho fatta…
Sì, questa è la realtà… è qualcosa che non posso più contestare, qualcosa che non riesco più a negare…
Ma… me ne andrò Joe… appena tutto sarà finito… me ne andrò di nuovo… non ho più la forza per sopportare altri dolori, altre sofferenze, altri dispiaceri… forse vivrò il resto della mia vita nei ricordi… ma è molto meglio così piuttosto che sperare in qualcosa che tu non hai mai avuto il coraggio di affrontare sino in fondo…
Alzo lo sguardo verso l’orologio… mancano cinque minuti all’ora X… sarà meglio muoversi… basta pensare Françoise, recupera la tua concentrazione…
Inspiro ed espiro lentamente, chiudendo gli occhi…
“Sì… sono pronta!”
Esco dalla mia camera… scendendo le scale per andare incontro alla mia ultima missione…

 

Parte 8

Joe si trovava già sulla porta, insieme al Professor Gilmoure… non appena Françoise si avvicinò, le disse: “Sei proprio sicura di voler venire?”
“Che razza di domanda è scusa?” gli domandò, punta sul vivo…
“Voglio dire… è molto ormai che non prendi parte ad un incarico del genere… io in fondo ci sono abituato, è il mio lavoro… tu invece…”
Per tutta risposta, Françoise estrasse la sua pistola dalla fondina e la fece roteare fino a fermarla in piena fronte a Joe, dicendo: “Stai forse mettendo in dubbio le mie capacità?”
Lui si arrese istantaneamente: “Ok… mi arrendo…”
Lei gli sorrise, per poi tornare di nuovo seria: “Guarda che non ho dimenticato di essere un cyborg… non ho scordato…” il mio amore per te… invece concluse il discorso con “…le nostre battaglie…”
Lui non replicò, cercando di comprendere che cosa avesse voluto dire veramente… calò un silenzio imbarazzante, a cui pose fine il Professor Gilmoure: “Va bene… siete pronti entrambi… fate attenzione ragazzi miei, mi raccomando…”
“Stia tranquillo Dottore…” risposero all’unisono.
Si spostarono rapidamente nel garage, dove Françoise ebbe subito modo di stupirsi: la macchina di Joe non c’era!
“Ehi, ma… dove diavolo è finita la tua auto?” disse interrogativamente…
“Oh… l’ho venduta e…”
“E ora come facciamo? La casa di Sagimi è molto lontana da qui! Come ci arriviamo se…”
Lui la interruppe, alzando la voce: “Cristo! Mi fai finire di parlare almeno una volta???”
Lei tacque, presa alla sprovvista dal suo tono…
Joe si ricompose: “Stavo dicendo appunto che l’ho venduta e il ricavato l’ho in parte donato all’orfanotrofio in cui sono cresciuto…”
Françoise non replicò… era tipico di Joe agire così… poi però… riflettendo meglio…
“Un momento… hai detto una parte… e il resto?”
Lui si approssimò al lato destro del garage, dove un enorme lenzuolo bianco ricopriva qualcosa che lei non riusciva ad individuare…
“Beh… con il resto… ho comprato questa!” e sollevò il telone…
Agli occhi di Françoise comparve una gigantesca moto Ducati nera, finemente cromata e curata nei minimi dettagli…
“Che ne dici?” chiese Joe.
Lei si portò una mano sulla fronte, sospirando: “Dico che la mia vita sarà molto più breve di quanto possa immaginare…”
Joe sbuffò spazientito: “Non fare la guastafeste! Avanti…” le lanciò un casco nero, mentre lui ne infilava in testa un altro uguale “…Sali!”
Françoise era titubante: “Santo cielo… sai benissimo che ho il terrore di questi bestioni!”
“Sta’ calma… ci sono io a proteggerti…”
Si morse la lingua, ma ormai il danno era fatto… lei lo stava guardando con un’espressione indescrivibile, un qualcosa di misto tra il dolore e la collera.
Si riprese immediatamente: “Perdonami… non avrei dovuto dirlo…”
Non ci fu lo scoppio d’ira che si era aspettato… Françoise si limitò a rimarcare quel concetto: “Già… non avresti dovuto…”
Si arrampicò sulla moto con un movimento fulmineo, mettendosi il casco… Joe azionò il motore, rombando, ma prima che potesse partire, lei gli domandò: “Perché hai venduto la macchina? Le eri molto affezionato…”
“Sì, ma… beh, mettiamola così: volevo lasciarmi alle spalle quella parte della mia vita che rappresentava…”
Lei comprese e non chiese altro…
“Adesso andiamo… dobbiamo fare in fretta… non conosciamo gli ostacoli che incontreremo…”
“D’accordo”
La Ducati si mosse e ben presto l’oscurità della notte li avvolse completamente…
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Si fermarono a breve distanza dalla villa di Naoto Sagimi, in modo da non essere scoperti, lasciando la moto dietro un albero, situato davanti l’enorme maniero…
Françoise iniziò a scandagliare l’ambiente circostante con i suoi raggi X… dopo qualche secondo parlò sottovoce: “La casa è vuota… solo due guardie del corpo all’ingresso... due al piano terra e due al piano superiore…”
Joe bofonchiò: “Non mi pare così vuota…”
“Tu vedi sempre il bicchiere mezzo vuoto!”
“E tu sempre mezzo pieno!” le rispose di rimando…
“Ascolta… possiamo entrare indisturbati dal retro della villa, così quelli all’ingresso non ci noteranno… il lato posteriore non è sorvegliato… io faccio fuori i due sgherri al piano terra e tu stendi gli altri due di sopra ok?”
“Sissignora!” disse lui, mettendosi sull’attenti…
“E smettila di fare il cretino…” ma si lasciò sfuggire una risata… quanto tempo era trascorso da quando si era sentita così insieme a lui… “coraggio… andiamo…”
Si mossero rapidamente verso il lato opposto della casa… Françoise aveva ragione… non era controllato… scavalcarono il muro di cinta che delimitava il perimetro e si ritrovarono all’interno di un immenso giardino…
“Per di qua…” lei procedeva speditamente, continuando ad usare la sua supervista…
Giunsero ad una porta seminascosta… Joe la forzò con una mano… si aprì immediatamente… entrarono rendendosi conto di essere passati dalla cucina…
“Ok…” disse lui “…occupiamoci dei quattro damerini!”
Françoise gli strizzò un occhio in segno d’intesa… Joe sparì dalla sua vista grazie al dispositivo di accelerazione e lei, a sua volta, arrivò alle spalle dei due poveri malcapitati e, prima che fossero in grado di reagire, li atterrò rispettivamente con un calcio in bocca ed un altro… nei gioielli di famiglia…
“Però…” si complimentò con se stessa “…niente male per un medico legale!”
Si affrettò a raggiungere il suo compagno, trovandolo vicino a due figure distese in una posizione alquanto scomposta…
“Problemi?”
“Liscio come l’olio…” rispose lui.
“Da che parte cominciamo?”
“Perlustriamo intanto le stanze principali… qualcosa troveremo…”
I due passarono in rassegna la dimora, finche Françoise chiamò Joe dall’altra parte del piano: “Ehi… vieni un po’ a vedere…”
Lui si materializzò subito accanto a lei, che gli indicò una piccola cassaforte nella parete della camera da letto di Naoto Sagimi…
“Che ne pensi? Potrebbe contenere qualcosa di importante…”
Joe la esaminò attentamente: “Ci vorrà un bel po’ per aprirla senza la combinazione…”
Françoise sorrise: “E chi l’ha detto?”
Lui la guardò alzando un sopracciglio… lei gli fece cenno di farsi da parte: “Spazio agli esperti prego…”
Joe rimase sbalordito quando la vide toccare la cassaforte, dare un paio di colpi ben assestati sulla manopola della combinazione con il calcio della sua pistola ed aprirla…
“Ma… ma… non è possibile! Come cavolo hai fatto??”
“Segreto professionale!” rispose lei, mentre toglieva un dossier colmo di pagine dall’interno della cassa blindata…
“Françoise… dimmi la verità… ma tu sei davvero un dottore? No dico… non è che sei anche una ladra per hobby?”
“Non fare lo stupido… dai controlliamo queste carte…”
Joe le obbedì… i due cyborg erano sconcertati dalla quantità di informazioni che contenevano: test, prove, analisi farmaceutiche, dichiarazioni mediche… tutte avevano un unico risultato: il Pharmagrip era un vaccino mortale…
“Accidenti… con questa roba possiamo incastrare la Pharmacom!” esclamò Joe…
“Sì… sono le prove che Sagimi teneva ben nascoste!” concordò Françoise…
Intanto, dal piano terra arrivarono esclamazioni di pericolo…
“Maledizione! Ci siamo dimenticati dei due gorilla all’ingresso!”
“Via! Presto!”
Françoise afferrò il fascicolo compromettente… Joe si era letteralmente tuffato giù per le scale e aveva colpito una guardia con un manrovescio sotto il mento…
Nella foga del momento non si era accorto che un altro stava arrivando dietro le sue spalle, con un revolver in pugno; prima che riuscisse a fare fuoco, Françoise armò la sua pistola e sparò…
Joe si voltò giusto il tempo per vedere quello cadere a terra… alzò gli occhi e la vide in cima alla scalinata, con l’arma ancora alzata in mano… in quel momento si sorprese a pensare che era davvero bellissima…
“Grazie… mi hai salvato la vita” le disse commosso.
Lei si rilassò: “Non c’è di che… tu l’hai fatto tante volte per me… e adesso andiamocene di qui!”
Lui annuì, uscirono velocemente dalla villa, saltarono in groppa alla moto e partirono a tutta velocità, senza lasciare tracce…

 

Parte 9

L’assalto all’interno della villa di Naoto Sagimi aveva portato i suoi frutti: il Professor Gilmoure si era incaricato in prima persona di diffondere il materiale compromettente per la Pharmacom e, nel giro di poche ore, l’azienda farmaceutica si era ritrovata sommersa dallo scandalo più grave della sua storia.
Il Pharmagrip, naturalmente, era stato tolto dal mercato e Sagimi, in qualità di proprietario e legale rappresentate della Pharmacom, avrebbe dovuto affrontare un processo, dove, tra le altre cose, sarebbe stato stabilito anche un risarcimento in denaro per le famiglie colpite dal lutto.
Il dottor Jack Reynolds, dal canto suo, sarebbe stato imprigionato e radiato dall’ordine dei medici per i crimini commessi…
“Tutto si è concluso nel migliore dei modi…” pensò Joe, ascoltando gli ultimi sviluppi di quella faccenda dalla voce dello speaker del telegiornale della notte…
Erano trascorsi due giorni interi dal loro blitz… e lui non aveva più parlato con Françoise, non l’aveva neanche più vista dalla notte prima…
Lei aveva scambiato solo qualche parola formale con il Dottor Gilmoure ed era andata nella sua stanza… lui non capiva… in questi pochi giorni gli era sembrata un po’ più condiscendente nei suoi confronti… invece ora si era di nuovo chiusa nel suo ostinato mutismo…
E domani mattina sarebbe partita… tornava a Parigi, alla sua vita, così aveva detto sin dall’inizio… e questa volta forse non avrebbe mai più avuto occasione di rivederla…
Spense la TV… rimanendo seduto con il telecomando in mano…
Quell’ultimo pensiero gli spezzava il cuore… non l’avrebbe rivista mai più…
Gettò il telecomando sopra una poltrona vicina e si alzò… lo sguardo fisso davanti a sé... la sua mente non faceva altro che ripetergli “non la vedrai più… non la vedrai più… non la vedrai più…”
Si diresse con passo deciso verso la camera di Françoise… salendo le scale a due a due… passò velocemente accanto alla stanza del Professor Gilmoure, arrivando sino in fondo al corridoio e si fermò davanti ad una porta chiusa: lei era al di là di quella soglia, probabilmente aveva già preparato le valigie per il viaggio… serrò i pugni… e se stesse dormendo?
“Non la rivedrai mai più…”
Ormai non ragionava… doveva assolutamente parlarle… prese il coraggio a quattro mani e bussò; dall’altra parte, una voce dolce domandò: “Chi è?”
Joe sospirò: “Sono io… aprimi per favore… ho bisogno di parlarti…”
Nessuna replica… nessun movimento…
“Ti prego… solo un momento…” insisté lui.
La sentì accostarsi alla porta… dopo qualche secondo di incertezza, lei aprì… portava la t-shirt con cui solitamente riposava… in quell’istante ebbe la folle tentazione di strappargliela di dosso, ma si dominò…
“Posso entrare?”
Lei fece per dirgli di no, ma non ne ebbe il tempo, perché lui era già all’interno della stanza…
“Joe… ma lo sai che ore sono? Domani mattina ho il volo molto presto…” protestò senza guardarlo, chiudendo la porta…
Lui si avvicinò, con le parole del Professor Gilmoure in testa: …basta che tu le dica che ti dispiace… la vita è già tanto difficile così com’è, l’amore non deve esserlo…
“Françoise…”
Lei si voltò, evitando però ancora di incrociare i suoi occhi… lui era molto vicino ora… le sollevò il viso, obbligandola a guardarlo: “Sposami.”
Françoise sbatté le palpebre… confusa… “Cosa…”
Ma lui la interruppe, preso com’era dalla foga dei suoi sentimenti: “Io ti amo… da sempre…”
“Joe… non è così facile…” cercò di protestare…
Lui le sfiorò delicatamente una guancia con le dita… quel semplice contatto con la sua pelle gli fece venire i brividi…
“Invece sì. E’ facilissimo…”
Lei tentò di allontanarsi, ma lui la cinse a sé con le braccia… stavolta non sarebbe scappata…
“Mi dispiace” sussurrò…
Le si velarono gli occhi di lacrime… non riusciva a crederci… così tanto aveva dovuto aspettare per sentirgli pronunciare quelle parole…
“Tu mi hai lasciata… sei stato tu ad abbandonarmi”
“Lo so… allora non mi rendevo pienamente conto di quello che stavo perdendo… ma ero solo un ragazzo Françoise… adesso sono un uomo…”
Lei lo guardò tremando… era rimasta come paralizzata da ciò che aveva appena sentito… “Joe… io…”
Non riuscì a continuare perché lui la interruppe sfiorandole le labbra con un bacio…

Nota dell’autrice: Attenzione, la scena seguente contiene descrizioni esplicite di situazioni sessuali, quindi se siete minorenni dovreste evitare di leggere questa parte. In caso contrario l’autrice declina qualsiasi responsabilità. Michiredfox.

La pressione delle sue mani intorno alla vita di lei si faceva più audace ora, mentre il tocco leggero delle sue labbra era sempre più insistente…
Dopo un attimo di smarrimento, la sentì finalmente lasciarsi andare a quel contatto così intimo, avvertendo il suo respiro accelerarsi…
Istintivamente, le braccia di lei si strinsero intorno al suo collo… la sua bocca si aprì lentamente, accarezzando dolcemente la lingua di lui… non era cambiato niente… dopo tanti anni di lontananza, di sofferenza, di tormenti… non era cambiato niente: lei lo amava ancora… ogni segnale che in quell’istante gli trasmetteva il suo corpo era inequivocabile…
Il suo cuore stava per esplodere dalla felicità, ma… voleva sentirglielo dire… proprio come una volta… voleva sentire la sua voce dirgli che lo amava…
Si allontanò appena da lei… ansimando per l’eccitazione provocata da quel semplice bacio… rimanendo con la fronte unita alla sua: “Françoise…”
“Ti amo…” non lo lasciò finire di parlare… era come se in quell’istante gli avesse letto nella mente e… i suoi occhi… i suoi meravigliosi occhi azzurri lo stavano fissando… sorrise… “…non ho mai smesso di amarti…”
Lui si lasciò sfuggire un singulto di commozione, prima di tornare a baciarla di nuovo… stavolta con più trasporto, con più passione… non riusciva più a resistere, non voleva più lottare contro il bisogno di lei… le sue dita scesero fino all’orlo della sua maglietta, insinuandosi all’interno, muovendosi lentamente lungo la sua schiena… la sentì reagire, fremendo alle sue carezze… il suo corpo lo stava reclamando di nuovo…
Lei si scostò, rallentando i movimenti di lui… si portò le mani alla t-shirt e la tolse, lasciandola cadere a terra… sotto la veste indossava solo gli slip… Joe la osservò con un’espressione incantata; il suo corpo era proprio come lui ricordava: le lunghe gambe affusolate da anni di danza classica, il ventre liscio, i fianchi snelli, i seni morbidi e gli occhi… era ipnotizzato dai suoi occhi… nella flebile luce della stanza apparivano del colore del cielo in tempesta…
“Sei bellissima…” le sussurrò… la voce incrinata dall’emozione…
Françoise si avvicinò, alzò le braccia, infilando le dita nei suoi capelli e gli attirò il capo verso di sé…
La bocca di lei si chiuse di nuovo sulla sua… gli mancò il respiro… non avrebbe mai pensato che da un gesto così semplice potessero scaturire tante sensazioni… durante tutto l’arco della sua esistenza aveva avuto molte donne, ma mai nessuna come lei… stava giocando con i suoi sensi, lo stava provocando… era qualcosa che le veniva così naturale, sapeva perfettamente come muoversi, come portarlo pericolosamente oltre il limite… solo adesso comprendeva davvero quanto avesse sofferto la sua mancanza, non solo fisicamente: lei era l’aria che respirava, la sua coscienza, il suo più grande sogno… lei era l’amore, quello vero, quello che si incontra una sola volta nella vita…
Rispose ai suoi baci, assaporando ogni istante, mentre le sue labbra scivolavano verso il collo di lei, fino al seno, per poi risalire di nuovo…
Quando si rese conto che lei stava per raggiungere la soglia del dolore, Joe si fermò di colpo, la sollevò e la portò sul letto… qui la depose come se fosse un oggetto fragile e prezioso, poi indietreggiò… si tolse la camicia senza fretta, abbandonandola sul pavimento… i pantaloni seguirono lo stesso percorso…
Si stese accanto a lei, allungando una mano per spegnere la luce, ma lei lo fermò…
“No!” esclamò “non spegnerla… voglio vederti…”
Lui sorrise, voltandosi di nuovo verso di lei… continuando in quel gioco interrotto solo per pochi attimi… tornò a baciarla sulle labbra, accarezzandole tutto il corpo…
Lei gli prese le mani e le guidò sul suo seno; i suoi capezzoli si inturgidirono e arsero a quel contatto… fu travolta da un disperato senso di eccitazione… lo sentì insinuarsi tra le sue gambe e, istintivamente, mosse i fianchi per permettergli di entrare… ogni labile tentativo di resistenza la abbandonò… affondò le unghie nella schiena di lui e poi… nient’altro al mondo ebbe più importanza: tutte le sue ansie, le sue paure, le sue angosce… tutto si dissolse quando scivolò dentro di lei.
Si spinse contro di lui in modo quasi incontrollabile… lo sentì tremare e lo guardò negli occhi… il volto immerso nell’estasi…
Si avvinghiarono l’uno all’altra, muovendosi ritmicamente, fino a raggiungere insieme il momento in cui i loro corpi divennero una cosa sola…
Alla fine, lui si rilassò… ma Françoise gli si aggrappò perdutamente, stringendolo a sé affinché non potesse uscire, lasciandola vuota…
Joe la fissò meravigliato…
“Non voglio che tu te ne vada”… disse lei, con la voce di chi sta per piangere…
Allora, lui la strinse a sé, mormorando: “Non me ne andrò… mai più…”
Iniziarono di nuovo quella danza atavica, lasciandosi trasportare dall’istinto e dalla passione, finché si addormentarono… abbracciati… finalmente vinti dall’amore e dal sonno…

Fine zona VM18
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Il sole splende alto nel cielo quando, finalmente, riesco a svegliarmi. I suoi raggi filtrano dalla finestra della mia camera, creando giochi di luce sulle lenzuola candide… istintivamente, allungo la mano verso Joe… il letto è vuoto…
“Joe?”
Nessuna risposta… lui non c’è…
Apro definitivamente gli occhi… “Ho sognato tutto…”… no, non è stato un sogno… abbiamo fatto l’amore stanotte, ricordo benissimo i suoi baci, il  calore del suo corpo contro il mio, una passione così a lungo sopita…
Mi siedo avvolgendomi nelle lenzuola, cercando di pensare razionalmente a quello che è accaduto… sorrido, mi sembra di essere tornata una liceale alle prime armi… è proprio vero che l’amore rende stupidi…
Alcuni colpi leggeri alla porta mi riportano alla realtà… mi volto e lo vedo entrare con un vassoio enorme tra le mani, colmo di dolci e bevande…
“Santo cielo… ma hai svaligiato una pasticceria?”
“Innanzitutto buongiorno tesoro… e poi pensavo che avresti avuto fame dopo… ehm… come dire… così tanto esercizio fisico…”
Il cuscino si stampa letteralmente sulla sua faccia, accompagnato dal mio sonoro “Deficiente!”
“Ehi… sta’ attenta… vuoi che faccia cadere tutto questo ben di Dio?” sibila con il guanciale tra i denti…
Dopo aver posato il vassoio sul comodino, mi lancia di nuovo il cuscino e si siede vicino a me, baciandomi…
Improvvisamente, mi sorge un dubbio: “Ma… il Professor Gilmoure non ti ha visto entrare qui dentro?”
“Certo che mi ha visto… ma non ha fatto domande… ha detto soltanto: ho il sospetto che Françoise abbia perso l’aereo…” dice, simulando la voce del Dottore “…ed io gli ho risposto: temo proprio di sì”.
Arrossisco al pensiero di quella scenetta: “Accipicchia, che vergogna… possibile che non riesci mai a fare la persona seria?”
Lui mi stringe a sé: “Guarda che stanotte ero serissimo quando ti ho chiesto di sposarmi…”
Lo osservo in silenzio… i suoi occhi dicono la verità…
“Allora… la tua risposta?” mi chiede…
“Come sarebbe a dire “la mia risposta”?”
“Non mi pare che tu abbia detto né sì né no…”
“Beh… dopo quello che è successo mi sembrava più che evidente…”
Lui sorride: “Lo prendo per un sì e ora… chiudi gli occhi ed apri la mano…”
Non so se dargli retta o meno, ma lui insiste: “Avanti…”
Alla fine obbedisco… lui mi mette sul palmo qualcosa… quando schiudo di nuovo gli occhi, non riesco quasi a credere a ciò che vedo…
“Il mio vecchio anello…” era la vera dorata che mi aveva regalato tanti anni fa… quando eravamo fidanzati… l’aveva conservata per tutto questo tempo…
“Oh Joe… il mio anello…” la mia bocca non pronuncia altro, tanta è l’emozione di fronte al quel piccolo, perfetto, cerchietto aureo… non avrei mai sperato di poterlo rivedere…
Lui lo prende e lo infila delicatamente all’anulare della mia mano sinistra, proprio come fece una volta… ma ora sarà diverso, voglio che sia diverso… la vita ci ha dato una seconda occasione e so che non la getteremo al vento…
“Sai…” dice ad un certo punto “…a pensarci bene… non posso sposarti…”
“Co… cosaaa?”
Dunque… mi ha preso in giro!... Mi ha ingannato di nuovo ed io ci sono caduta come una scema! Faccio per alzarmi, furiosa come una belva, ma lui mi blocca, tenendomi per i polsi…
“Ah! Ferma! Dove credi di andare?”
Nella confusione del momento… mi accorgo che sta ridendo come un matto:

“Ho detto: non posso sposarti… almeno finché non mi dirai come hai fatto ad aprire quella cavolo di cassaforte!!!”

 

© 15/09/ 2008

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